Tradurre a nuova luce l’opera di Shakespeare, un progetto ambizioso di traduzione letteraria

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stack-of-books-1001655_640L’Oregon Shakespeare Festival,  la storica rassegna nata nel 1935 che ha portato in scena per ben tre volte l’intera opera shakespeariana in originale vuole rendere moderna la lingua del Bardo e ha annunciato che un team di 36 drammaturghi, la metà sono donne, è già al lavoro sulle traduzioni. Il progetto si intitola Play on!,  sarà lungo tre anni e vedrà un consistente impiego di risorse creative ed economiche.
La lingua shakesperiana sarebbe ostica, sostiene James Shapiro, docente di inglese e letterature nel suo contributo per il New York Times  nel quale si legge che, tra gli altri, anche Ben Jonson, acerrimo nemico e collega di Shakespeare, lamentava l’incomprensibilità di alcuni discorsi di Macbeth, troppo “ampollosi”. Linguaggio di non facile comprensione a parte, la scelta di adattare le opere mostra sicuramente alla base una motivazione commerciale: rendere le opere e il teatro più popolari e moltiplicare gli incassi.
Chi pagherebbe tuttavia un biglietto per assistere ad un’opera che non si può più definire realmente ed interamente shakespeariana? Il linguaggio è di fatto la vera cifra stilistica di Shakespeare, sottolinea opportunamente Shapiro sul New York Times. La musicalità del pentametro giambico, il blank verse a cinque accenti, regge il ritmo di intere opere e le esalta. La varietà di sfumature del vocabolario aiuta a comprendere il mondo interiore dei personaggi, oltre a compiere un vero e proprio studio sociolinguistico. In “Sogno di una notte di mezza estate” per esempio ciascun gruppo di personaggi ha una propria voce particolare che ne definisce la classe sociale di appartenenza: dal linguaggio ricercato dei nobili Teseo e Ippolita fino a quello verace e comico degli artigiani-attori capitanati da Peter Quince.
Non è corretto inoltre sostenere che la lingua di Shakespeare non sia anche popolare e vicina al quotidiano. A Shakespeare si devono infatti molte espressioni inglesi entrate a tutti gli effetti nel linguaggio comune pur risalendo all’epoca elisabettiana. Alcuni esempi: “To wear one’s heart upon one’s sleeve” da Otello significa “mostrare apertamente i propri sentimenti”; “fight fire with fire” da King John vuol dire “rispondere all’attacco subito con la stessa arma dell’aggressore”. Il “green-eyed monster” a cui fanno riferimento Portia ne Il Mercante di Venezia e Iago in Otello è ormai convenzionalmente il colore universalmente riconosciuto per gelosia e invidia. A Il Mercante di Venezia si deve la nota massima sulla cecità dell’amore: “Love is blind” dice Jessica, figlia di Shylock.
Ci sembra insomma che la lingua sia uno degli elementi che contribuiscono all’immortalità dell’opera shakespeariana. L’operazione dell’ Oregon Shakespeare Festival solleverà immaginiamo non poche polemiche da parte degli appassionati sostenitori del Bardo.
fonte: http://www.nytimes.com/2015/10/07/opinion/shakespeare-in-modern-english.html?_r=0

contributo di Giovanna Capone