Isabel Allende (Lima, 2 agosto 1942) è prima di tutto una testimone; i suoi romanzi intrecciano vita vissuta e fantasia, delineando in progressione una figura di intellettuale, di narratrice del nostro tempo.
Romanzi con innesti biografici e autobiografici, un susseguirsi di ibridazioni che si avvalgono di una solida struttura narrativa, costantemente riferibile alla stella polare della leggibilità.
La sua vita errante da cittadina del mondo, le storie di donne mirabili, note e meno note, sfociano in elaborazioni dense, aperte verso tematiche universali.
In tal senso il suo primo romanzo, “La casa degli spiriti”, pubblicato a inizio degli anni 80, racchiude una sorta di predizione, una formula creativa che nelle opere successive raccoglierà riflessioni sul presente e sulle eredità lasciate dalla Storia.
Prende origine da una crisi, questo fortunatissimo romanzo, il più conosciuto della scrittrice cilena, stampato in oltre 35 lingue e nell’olimpo dei long sellers con oltre 70 milioni di copie vendute.
All’età di tre anni, Isabel si ritrova a essere figlia di genitori separati; il padre Tomás Allende, a quel tempo diplomatico in Perù, abbandona il tetto coniugale costringendo la moglie e i suoi tre figli a tornare in Cile. Sarà il nonno a occuparsi di ciò che resta della famiglia di Isabel, ospitandola nella propria casa a Santiago, e i ricordi legati a quell’esperienza di vita comporranno la traccia entro il quale sfileranno gli accadimenti de “La casa degli spiriti”.
La figura del nonno è il fulcro da cui si diramano le vicende (reali o romanzate) della famiglia Allende: all’interno di questa costellazione è inevitabile ricordare il cugino del padre di Isabel, Salvador Allende, futuro presidente del Cile, assassinato nel 1973 durante il colpo di Stato che diede inizio alla dittatura del generale Pinochet. Nel percorso di crescita di Isabel e dei suoi fratelli Salvador Allende si rivelò un prezioso punto di riferimento, permettendo loro di vivere senza problemi economici e di completare adeguati iter scolastici.
Fonte di ispirazione inesauribile, la famiglia permette a Isabel Allende di compiere esercizi di autoanalisi e di accostarsi a differenti periodi storici: frizioni e vincoli parentali realizzano una cornice entro cui trova terreno fertile il seme della letteratura, espresso in forma di memoir o di saga familiare, come appunto ne “La casa degli spiriti” e nei romanzi che ne riecheggiano l’ispirazione, “La figlia della fortuna”, storia mirabolante della trovatella Eliza, e “Ritratto in seppia”, opera che valendosi degli stilemi del genere avventuroso affronta il tema dell’emancipazione femminile.
Certamente la famiglia come manifestazione naturale, condizione che dispiega le traiettorie e le perturbazioni del destino. E negli anni a seguire – dopo il ritorno in Cile – si profilerà per Isabel una sequenza di esperienze e visioni che contribuiranno a specificarne l’identità di scrittrice.
Nel 1956 la madre di Isabel si risposa (sempre con un diplomatico) e per ragioni lavorative la famiglia inizia una peregrinazione in varie parti del mondo, in Bolivia, negli Stati Uniti, in Europa e infine in Libano, dove la futura scrittrice studia in un collegio inglese.
Gli orizzonti si ampliano, incrociano il desiderio di uscire da un contesto di tradizioni e retaggi culturali. Balzare dal nido significa prendere coscienza delle discriminazioni, legate al ceto sociale e al fatto di essere donna. La letteratura, per la giovane Isabel, diventa un porto sicuro, una dimensione in cui sviluppare attitudini e prefigurarsi una meta: legge testi filosofici, approccia Freud e l’opera shakespeariana; curiosando nello studio del patrigno scopre “Le mille e una notte”, libro che risulta per lei formativo, una stella polare che la guida nel suo apprendistato di autrice.
L’esigenza di rendersi indipendente la conduce di nuovo in Cile, dove, poco più che adolescente, comincia a lavorare come segretaria in un dipartimento della FAO. Da un punto di osservazione privilegiato entra in contatto con la politica e gli assetti istituzionali, e qualche anno più tardi, dopo essersi sposata con Miguel Frías e aver dato alla luce due bambini, Nicholás e Paula, decide di intraprendere la carriera giornalistica.
Isabel acquista una notevole popolarità conducendo programmi televisivi e scrivendo per varie riviste, fino a quando, l’11 settembre 1973, il colpo di Stato di Pinochet non fa deflagrare il sistema democratico cileno. Per lei – dopo un primo periodo in cui prosegue a lavorare come autrice televisiva – non rimane che un’unica possibilità di salvezza, vale a dire trasferirsi all’estero – in Venezuela nello specifico, dove risiederà fino al 1988.
Gli anni dell’esilio coincidono con il divorzio dal primo marito e con l’inizio della relazione con lo scrittore William Gordon, che in seguito verrà suggellata dal matrimonio e dal definitivo trasferimento della coppia (insieme ai due figli di Isabel, Paula e Nicholás) in California, dove la scrittrice tuttora risiede.
Gli anni in Venezuela, con le tenebre che si allungano dal suo paese di origine, risultano in qualche modo decisivi per la Allende. Il senso di precarietà, di impotenza rispetto alle atrocità commesse dalla dittatura, edificano una piattaforma tematica, di sensibilità radicate nel passato e assoggettate alle iniquità del presente; sono gli anni che portano alla pubblicazione de “La casa degli spiriti”, sontuoso affresco delle contraddizioni che logorano l’America Latina.
Non capí lo stato di guerra interna, né si rese conto che la guerra è l’opera d’arte dei militari, il culmine della loro preparazione, il distintivo dorato della loro professione. Non sono fatti per brillare durante la pace. Il golpe aveva dato loro l’opportunità di mettere in pratica quanto avevano imparato nelle caserme, l’obbedienza cieca, il maneggio delle armi e altre arti che i soldati possono dominare quando mettano a tacere gli scrupoli del cuore.
(da “La casa degli spiriti”, trad. Angelo Morino e Sonia Piloto Di Castri).
Isabel Allende si rivelerà, passo dopo passo, una vera e propria collezionista di best sellers: fra i suoi maggiori successi – a ruota del clamoroso esordio – “Eva Luna”, romanzo d’amore e d’avventura con cui vince nel 1988 l’American Book Awards; l’autobiografia “Paula”, che ripercorre la tragica malattia della figlia, morta di porfiria nel 1992; la trilogia per adolescenti (ma non solo) composta da “La città delle bestie”, “Il regno del drago d’oro” e “La foresta dei pigmei”; i romanzi storici “Inés dell’anima mia”, basato sulla vita di Ines Suarez, avventuriera in Perù nel XVI secolo, e “L’isola sotto il mare”, ambientato nel 1700, epopea della schiava ed eroina Zarité Sedella, detta Tété; il giallo “Il gioco di Ripper”, che rimanda alla brutalità di Jack the Ripper, ovvero Jack lo squartatore; il romanzo “Lungo petalo di mare”, omaggio a due figure straordinarie della cultura cilena: Pablo Neruda e Salvador Allende.