Un editor o un correttore di bozze, figure professionali che si occupano della revisione dell’altrui scrittura, si trovano al cospetto di testi del tipo più svariato: letterari, saggistici, scientifici, tecnici, ecc. Se nella valutazione di interventi da effettuare nei contenuti è necessario avere conoscenze relative ai testi che si affrontano (conoscenze che possono essere acquisite anche direttamente nel momento in cui sono richieste), per quanto concerne gli errori di grammatica e di sintassi urgono conoscenze ottimali della grammatica come apparato normativo e della lingua in generale, inclusi i significati delle parole e l’uso che se ne fa (siamo nell’ambito della semantica, ed è utilissimo consultare un buon dizionario).
Come e perché si commettono sempre gli stessi errori
Basta dare uno sguardo a qualche post o commento su social network per accorgersi che l’utente medio ripete una serie di errori al punto che si può stilare facilmente una classifica di quelli più comuni. A volte ci si imbatte in errori grafici, non gravissimi, dovuti alla pigrizia (si pensi alla «È» riportata spesso, persino in testi di natura giornalistica, con l’apostrofo al posto dell’accento: «E’»), altre volte, invece, in errori di grammatica che a quanto pare non si riesce a debellare definitivamente (famoso l’uso errato dell’apostrofo in «qual’è», che invece va scritto in questo modo: «qual è»).
Sono tanti gli errori che si tende a ripetere non solo nelle interazioni scritte in cui si può utilizzare un linguaggio informale, ma anche nei testi. È quasi come se certi errori avessero una diffusione virale, trasmettendosi di persona in persona; essi sono tristemente presenti anche in contesti, come quello giornalistico, in cui il buon uso della lingua dovrebbe essere la regola. Molti di questi errori sono retaggi scolastici di antica data che con gli anni si sono radicati nello scrivente.
Quali sono gli errori più frequenti
Li abbiamo raggruppati in questa lista:
- «Qual’è» in luogo del corretto «qual è».
- «Si», privo del dovuto accento; la forma corretta è «sì».
- «Pò», in cui l’accento sostituisce erroneamente l’apostrofo che indica il troncamento; si scrive «po’», da «poco».
- L’uso corretto dell’accento: alle forme errate «perchè», «poichè», «affinchè», «purchè», «nè», e simili, vanno sostituite le forme corrette «perché», «poiché», «affinché», «purché», «né», in quanto vogliono l’accento acuto, non quello grave.
- La terza persona singolare presente del verbo «dare» la troviamo scritta spesso nella forma con l’apostrofo, «da’», in luogo della forma corretta con l’accento: «dà»
- La terza persona singolare presente del verbo «fare» la troviamo spesso con accento o apostrofo, al contrario non vuole nessuno dei due segni grafici, si scrive «fa».
- C’è poi, come abbiamo visto, l’uso della terza persona singolare presente del verbo essere, in maiuscolo, «E’» con l’apostrofo, invece del corretto «È» con l’accento.
- C’è chi ama disseminare i propri scritti di puntini sospensivi messi a caso quando, di norma, se ne utilizzano tre: «…».