Come si scrive una recensione di un libro
Nell’era della scrittura su web pagata per clic, e cioè in tempi in cui c’è una proliferazione di testi pubblicati in rete e pagati in base alle visite ricevute dagli utenti, può essere importante capire come scrivere una recensione di un libro che sia una recensione. Attenzione alla tautologia: “una recensione che sia una recensione” è una formula che illustra bene il cortocircuito attuale consistente nella diffusione di recensioni che di fatto non lo sono.
Il fine di questo articolo, dunque, non è quello di offrire consigli per scrivere un qualsiasi testo su un libro in grado di attirare utili clic: qui vogliamo soffermarci su un modo di scrivere dei libri che pare stia diventando obsoleto soprattutto perché non particolarmente redditizio, quello che è legato al dibattito culturale, alla critica.
Che cos’è una recensione
Visti i presupposti, non è affatto scontato approntare in via preliminare una definizione – d’altro canto partire dalle definizioni facilita sempre le cose.
Per recensione si intende la creazione di un testo che si proponga di discutere con approccio critico un’opera, in questo caso l’opera è il libro.
Sappiamo che le recensioni toccano anche altri campi, come quello artistico o cinematografico, ma i limiti vanno sempre più estendendosi: oggi si recensiscono prodotti enogastronomici, ristoranti, alberghi, ecc. Grazie al web la recensione è diventata uno strumento utile per il consumatore: prima di spendere soldi, possiamo vagliare i giudizi degli utenti, i feedback di chi già ha acquistato e rende nota la sua esperienza circa la transazione. La recensione, chiaramente, qui è diventata altro.
Tornando alle recensioni dei libri, la parola chiave è “critico”: questo termine sottende che il recensore deve discutere del libro con intelligenza, opinare e motivare le sue opinioni, spiegare, affrontare quanti più livelli di lettura possibili, e tanto altro. A questo punto è utile soffermarci brevemente sulla critica letteraria.
Che cos’è la critica letteraria
Esaurire in poche righe un argomento complesso e ampio come quello della “critica letteraria” è impresa impossibile, e tuttavia si può dire abbastanza per lasciare intendere di cosa si sta parlando.
La critica letteraria è un campo di studi eterogeneo che riguarda le opere letterarie. Definiamo letteratura, da dizionario “l’insieme delle opere affidate alla scrittura, che si propongono fini estetici, o, pur non proponendoseli, li raggiungano comunque”. Nonostante la semplicità di tale definizione, non è affatto scontato collocare un libro in questo insieme, questo perché non siamo al cospetto di una scienza esatta ma nell’ambito delle valutazioni, delle scelte, che a prescindere da strumenti più o meno raffinati vengono costantemente riviste, aggiornate, corrette, essendo il margine di errore ampio.
La critica letteraria è soggetta a scelte teoriche di natura diversa che non stiamo qui a elencare: tante sono le tendenze emerse nel corso della storia, basti ricordare il rifiuto di Marcel Proust (1871-1922), nel Contre Sainte-Beuve (pubblicato postumo nel 1954), del metodo critico di successo, al cui fondamento c’era la biografia degli autori trattati, utilizzato da Charles Augustin de Sainte-Beuve (1804-1869), o le mode del formalismo russo e dello strutturalismo.
Il critico, scrittore che scrive di scrittori, possiede anche lui dei ferri del mestiere e cioè una strumentazione più o meno vasta e varia cui ricorre per analizzare le opere letterarie.
La critica letteraria, in sé, è un genere letterario: chi fa critica si inserisce in una tradizione e si confronta con essa, perché la critica letteraria ha una sua genesi e una sua storia, ha una sua ramificazione, un suo pantheon di critici diventati classici e studiati.
Critica accademica vs critica militante
L’opposizione fra critica accademica e critica militante è una evidente semplificazione che però, qui, ci è utile proporre.
La critica accademica approfondisce prevalentemente autori, opere, tematiche della letteratura già consolidati nel discorso critico, non contemporanei. Poiché questa tendenza a volgere lo sguardo al passato si sta mitigando, nel senso che il critico accademico si occupa sempre di più anche del presente, due tratti relativi e discutibili che riguardano la critica accademica sono l’approfondimento, e cioè lo spazio testuale ampio dedicato allo studio di autori, opere e tematiche letterarie, e il legame con l’accademia, cioè con le università, che in modi diversi e per scopi molteplici stimolano la produzione di opere critiche che vanno dal saggio breve al saggio lungo.
La critica militante si occupa di autori, opere, tematiche della letteratura contemporanea. Lo sguardo è sul presente, il passato è utile alla lettura del presente. Poiché gli spazi utilizzati dal critico militante sono le riviste web e i giornali, i testi prodotti si contraddistinguono mediamente per brevità: non di saggi si tratta, ma di articoli con i limiti del caso. Viene inevitabilmente meno l’approfondimento con le conseguenze negative del caso. D’altro canto il critico militante, rispetto alla figura classica del critico accademico, arrischia un giudizio sui contemporanei, prende atto di una maggiore facilità di sbagliare perché non può avvalersi di quella distanza critica creata dal tempo trascorso, tempo che al critico accademico permette di essere più sicuro circa la qualità di un autore o di un’opera, che permette di scoprire cose che ne rafforzano il giudizio. Il critico militante afferma nel presente ciò che il critico accademico dimostra a distanza di tempo.
Da questa distinzione se ne deduce che la recensione di un libro è un testo di critica militante.
Alcuni consigli tecnici su come scrivere una recensione
A questo punto, fatte le dovute premesse, possiamo occuparci di “come” scrivere una recensione.
Lunghezza.
Una recensione è un articolo scritto per una rivista web o un giornale. Possiamo quantificare questa tipologia di testo suddividendolo, per comodità, in tre tipologie:
1 – articolo brevissimo: ci sono recensioni che concentrano il giudizio sul libro in poche righe o capoversi, in meno di una cartella (una cartella varia da 1500 a 2000 caratteri spazi inclusi), e, nonostante le ridotte dimensioni, se il recensore è bravo e manipola perfettamente l’arte della brevità tali testi non perdono in qualità e in acutezza;
2 – articolo medio: le recensioni commissionate mediamente sono lunghe 2 o 3 cartelle; c’è un problema di spazio, nelle riviste web e nei giornali, che viene attribuito al lettore, alla sua capacità di concentrazione, al tempo che può o vuole dedicare a un testo in cui si parla di un libro, e la risposta a questo problema è un testo che non sia troppo lungo, che non richieda un tempo di lettura eccessivo;
3 – articolo lungo: ci riferiamo qui a ciò che si suole definire, oggi, “longform”; si tratta di testi in più cartelle, che nei giornali possono occupare due o più pagine (laddove un articolo medio occupa anche solo mezza pagina), testi che possiamo considerare anche saggi, volendo, e che in questi tempi in cui si ritiene il lettore sia propenso per lo più a una lettura veloce pare siano meno richiesti (di certo se ne scrivono, per molti e ovvi motivi, di meno rispetto agli articoli medi).
Contenuto.
Una recensione deve innanzitutto dire di cosa parla il libro. Si tratta di fornire una sinossi parziale, un riassunto non completo, questo perché bisogna evitare, in gergo, di “fare spoiler”, cioè di dire troppo o addirittura di rivelare il finale se si tratta di un romanzo, e dunque di minare la curiosità del lettore verso l’opera trattata. Il recensore deve essere un abile equilibrista: di un libro va detto abbastanza per far capire di cosa tratta, ma non tutto. In passato il recensore poteva non porsi questo problema che, di fatto, si tramuta in un limite in quanto depotenzia la sua analisi del libro.
È consigliabile, non tanto se si tratta di saggistica quanto se si tratta di poesia o narrativa, riportare almeno una citazione per dare al lettore una vaga idea dello stile, del modo in cui scrive l’autore trattato.
Ma l’elemento più importante fra tutti è il giudizio del recensore che potremmo considerare, con estrema semplificazione, una versione matura e raffinata dell’opinione personale richiesta nei temi scolastici. Il recensore deve ricorrere a tutto il suo armamentario: studi effettuati, libri letti, ma anche intuito, questo perché giudicare un libro equivale a formulare ipotesi, a gestire idee stimolate dal testo, motivi per cui il recensore dovrebbe unire a una cultura adeguata una certa intelligenza.
Il recensore deve sentirsi libero di esprimere il proprio giudizio, non deve avere alcuna esitazione a parlar male di un libro se è il caso, deve avere il coraggio di osare, anche con il rischio di sbagliare. Una recensione, se è il caso, deve essere una stroncatura perché non tutto ciò che si pubblica merita di essere pubblicato e letto, perché ci sono differenze qualitative tra i libri che ingiustamente decadono se dei libri si scrive sempre bene, se si evita di sottolinearne gli eventuali limiti
Il recensore ideale scrive liberamente dei libri, nel bene e nel male, in buona fede e sapendo di poter sbagliare, prende posizione, stimola o si inserisce in un dibattito. Il peggior recensore scrive un testo che è un encomio acritico e immotivato di un libro, afferma e non spiega.
Forma.
Si consiglia di strutturare una recensione in maniera semplice e di utilizzare uno stile medio-alto, a meno che non si abbia pieno possesso della capacità di manipolare le strutture testuali e pieno possesso di un linguaggio variegato e complesso, ma nonostante tutto questo non va mai perso di vista il destinatario del testo né la finalità dello stesso: informare il lettore. La recensione non serve a parlare del recensore ma serve a parlare del libro. Ovvio che non si invita alla semplificazione: la chiarezza e la precisione sono necessari a far sì che la recensione abbia un suo pubblico di lettori non limitato a pochi, e si possono esprimere in maniera chiara anche concetti difficili.