Come si scrive una tesi di laurea? Ogni corso di laurea trova la sua conclusione e il suo coronamento nella “discussione della tesi”. Si tratta del momento topico del corso di studi di uno studente, la cui portata in termini di lavoro è tale da richiedere mesi di preparazione.
Il passaggio dal vecchio ai nuovi ordinamenti didattici delle università italiane ha influito sia sui programmi dei singoli esami sia sulla quantità e qualità delle tesi richieste: in concreto, la formula 3 + 2 (cioè una laurea triennale più una laurea biennale specialistica) entrata in vigore col nuovo ordinamento ha visto l’aumento del numero di esami da effettuare (con programmi, però, meno corposi), ma anche del numero delle tesi (due: una tesi breve per il triennio e una più lunga per il biennio).
Ci proponiamo qui di stilare una serie di regole base sempre utili nella scrittura di una tesi di laurea, sia essa triennale o specialistica.
Che cos’è una tesi di laurea
Una tesi di laurea è un elaborato in forma scritta, dal numero di caratteri o cartelle variabile, incentrata su un argomento concordato con il proprio relatore, cioè con il professore col quale si è deciso di lavorare alla stessa. Il relatore a sua volta, durante la seduta di laurea, presenta alla commissione la tesi dello studente, dopodiché si passa alla discussione che coinvolge studente e commissione.
Si usa distinguere, per convenzione, tra tesi compilativa (o curricolare) e tesi di ricerca (o sperimentale): la prima, più semplice, consiste nella raccolta di fonti concernenti l’argomento scelto e in una loro adeguata sintesi, in linea con la struttura della tesi; la seconda, invece, consiste nell’utilizzo delle fonti e delle proprie idee per rafforzare l’argomento scelto e per giungere a conclusioni originali, innovative.
Prima fase: i materiali
Una volta concordato con il relatore l’argomento della tesi, la prima cosa da fare è cercare i materiali, per lo più in forma scritta (ma sempre più in uso sono i contenuti multimediali: foto, video, audio, ecc.), che riguardano l’argomento.
Data l’imprevedibile mole di materiali che possono concernere l’argomento trattato, a meno che non si abbiano le idee abbastanza chiare è saggio chiedere consiglio al relatore, il quale può sia indirizzare lo studente circa ciò che è importante approfondire, sia dare esplicite indicazioni bibliografiche, ossia suggerire i primi materiali (libri o altro) da reperire.
Un pericolo da scongiurare è quello di lasciarsi sopraffare da una gran mole di materiali da esaminare. Lo studente deve avere la capacità di selezionare i testi, deve cioè riuscire a mettere insieme un numero limitato di materiali da prendere in esame nel tempo, anch’esso limitato, a sua disposizione. Ovviamente un dialogo costante e proficuo con il relatore può aiutare molto nella ricerca. Fondamentale è non divagare troppo, non allontanarsi dal focus della ricerca se non quando sia strettamente necessario, cioè quando ciò che in apparenza è distante dal tema si può rivelare prezioso nell’elaborazione delle idee e nella stesura della tesi.
Il luogo principale in cui reperire i materiali è la biblioteca, un luogo alternativo sempre più ricco di materiali è il web. Bisogna saper vagliare anche la qualità dei materiali, distinguere quanto è scritto con rigore, quanto è verificabile, da quanto è opinabile: ci sono materiali necessari o utili alla tesi, ma ci sono anche materiali dannosi, sta alla capacità dello studente o all’intervento del relatore evitare il peggio.
Seconda fase: la struttura
Dopo aver raccolto, studiato e selezionato i materiali, lo studente dovrebbe avere le idee abbastanza chiare per affrontare la tesi: si può passare dallo studio alla scrittura.
La scrittura della tesi non si presta a un approccio romantico, ossia allo “scrivere di getto presi dal sacro fuoco”. La tesi è un saggio, un testo a suo modo scientifico, e per questo esige una struttura chiara e pianificata.
È consigliabile, per semplificare le cose, partire da un indice. L’indice è anche il piano di lavoro. Niente di complesso, basta partire da un indice convenzionale: non si può prescindere, in una tesi, da un capitolo introduttivo, da un capitolo conclusivo, e da una bibliografia in chiusura. Tra il capitolo introduttivo e quello conclusivo, vanno inseriti quei capitoli che scandiscono lo svolgimento della tesi, che portano avanti, sviluppano quelle idee che poi vanno raccolte nella conclusione: alla fine di tutto, la tesi è la dimostrazione di una tesi, di una teoria, che si tratti di una tesi sperimentale oppure compilativa.
Possiamo considerare la struttura della tesi come una mappa in cui è chiaro il percorso dalle argomentazioni preliminari a quelle decisive, fino al finale, il punto d’arrivo in cui si tirano le somme del tutto.
Chiaramente, durante la scrittura la struttura può complicarsi e affinarsi con aggiunte di capitoli e paragrafi in principio non previsti: la struttura è indicativa, non coercitiva.
Terza fase: la scrittura
Dopo aver ideato la struttura, e cioè abbozzato, di fatto, il progetto di tesi, si può passare alla scrittura. Come si è visto, prima di scrivere c’è una fase preparatoria lunga: meglio la si affronta, più sarà facile apprestarsi alla scrittura.
La scrittura di una tesi esige il rispetto dei seguenti punti:
1 – la precisione: data la pretesa di scientificità del testo che ci si appresta a scrivere, si deve scrivere ogni cosa con precisione massima, riportando, dove è richiesto, le fonti (ovvio che non si deve rischiare di far passare per propria un’idea o una affermazione emersa dai materiali raccolti, da qui la necessità di note e bibliografia);
2 – lo stile sobrio: per i motivi di cui sopra, non ci si può concedere vezzi stilistici, ed è escluso un approccio narrativo o poetico alla scrittura; la tesi è un saggio, lo stile deve essere quello di un saggio, cioè sobrio, possibilmente elegante, preciso nella scelta delle parole, omogeneo nell’intero testo;
3 – la chiarezza: qui si torna alla struttura: la divisione in capitoli e paragrafi deve essere chiara e coerente in tutto il testo, il lettore deve essere facilitato, non deve rischiare, durante la lettura, di perdersi in un labirinto di capitoli e paragrafi non organizzati con rigore, giustapposti in maniera confusa; ma si torna anche allo stile, uno stile che deve essere preferibilmente semplice, di quella elegante semplicità che rende la lettura agevole, inutile e deleterio ricorrere a un periodare complicato o a un linguaggio in cui non si badi al necessario ma si ricorra al superfluo, magari per finalità estetiche che nulla hanno a che vedere con lo scopo della tesi;
4 – la formattazione del testo: tutto il testo va impostato graficamente seguendo gli orientamenti consueti delle tesi di laurea; qui è il relatore a imporre allo studente le scelte riguardanti il tipo di carattere da usare, la dimensione, l’interlinea, i bordi, ma anche la modalità cui attenersi per la scrittura delle note e per quella della bibliografia.
Se durante la scrittura si rispettano questi punti, si dovrebbe giungere a un testo formalmente impeccabile, che sarebbe l’obiettivo minimo da centrare. Poi ci sono le idee, le argomentazioni, l’apparato teorico, tutto quanto convoglia a rendere la tesi originale, bella, affascinante, oppure, al contrario, dimenticabile.
Introduzione e conclusione
Possiamo considerare “introduzione” e “conclusione” due capitoli a sé stanti, possibilmente senza paragrafi interni.
Un errore tipico è quello di ripetere in “conclusione” quanto è stato già detto in “introduzione”, cambiando solo la forma, la modalità di scrittura.
Basta attenersi alle definizioni: l’“introduzione” ha la funzione di anticipare, in via preliminare e senza indulgere in particolari, quanto si vuole dimostrare con la tesi; la “conclusione” ha la funzione di tirare quei fili dipanati durante la tesi, gli argomenti affrontati, per esplicitare ciò che con essi si è voluto dimostrare, esige dunque una modalità argomentativa più elaborata e complessa rispetto all’“introduzione”, deve essere più corposa e giungere alle definizioni, al cosa si è detto e si è fatto con la tesi.
Alcune norme grafiche
Come abbiamo detto, la precisione è un punto fondamentale da rispettare durante la stesura della tesi. In questo punto rientrano le norme grafiche che si suole seguire e che variano, seppur di poco, a seconda delle università e dei relatori.
I margini della tesi variano di molto, comune a tutte è il numero di centimetri maggiore del margine sinistro rispetto al destro, motivato dalla rilegatura.
Il tipo di carattere da utilizzare è il Times New Roman, corpo 12 o 14, interlinea 1.5. Per le note il corpo deve essere inferiore – 10 o 12 – e l’interlinea singola.
I titoli dei capitoli vanno scritti in corpo maggiore (norma che non vale per i titoli di paragrafi e sottoparagrafi) e, naturalmente, in grassetto.
Per quanto riguarda le citazioni, ci sono due modalità da seguire: se sono brevi, vanno poste all’interno del testo tra virgolette basse (« »); se invece sono lunghe, vanno separate dal testo formando paragrafi con rientri da 1 cm, in corpo inferiore di 1 rispetto a quello usato e a interlinea singola. Le omissioni vanno segnalate con tre punti fra parentesi quadre […].
I testi da cui sono tratte le citazioni vengono generalmente riportati in nota in questo modo: cognome dell’autore, nome (esteso o puntato), titolo in corsivo, eventuale segnalazione del traduttore (trad. it. di), città della casa editrice, nome della casa editrice, numero di pagina/e (p. o pp.). Diversi sono i modi in cui si specifica la data della prima edizione del libro rispetto a quella della prima edizione italiana, oppure la data della ristampa rispetto a quella della prima edizione. Talvolta si usa riportare anche il titolo in lingua originaria del libro di cui si consulta l’edizione italiana. In una maniera simile sono riportati i libri in bibliografia.
La bibliografia
Il penultimo atto della stesura della tesi è la bibliografia: è l’atto più semplice in quanto si tratta di un testo schematico. La bibliografia, per definizione, è un elenco di opere di varia natura: libri, articoli, contenuti multimediali. In bibliografia vanno inseriti sia i testi direttamente utilizzati (ossia quelli citati), sia i testi semplicemente consultati (ossia quelli non citati, ma che si è consultati perché concernenti gli argomenti trattati).
Se affrontata solo a fine tesi, la bibliografia può diventare faccenda anch’essa complicata: si dovrebbe sfogliare il testo scritto dal principio per appuntare, di volta in volta, i testi citati. Facile che in questa noiosa operazione si rischi di dimenticare qualcosa, si rischi di peccare in rigore.
Al contrario, si può essere rigorosi utilizzando un metodo semplice e immediato: scrivere la bibliografia in parallelo con la tesi, riportare in bibliografia i testi appena dopo averli citati in tesi.
Importante è strutturare la bibliografia in maniera adeguata. Data l’eterogeneità dei materiali studiati, la bibliografia va scritta in una modalità a sezioni, e cioè operando delle meditate divisioni al suo interno. Naturalmente la struttura cambia a seconda delle tesi e del corso di laurea. In caso si utilizzino fonti dal web alla bibliografia va aggiunta la sitografia, ovvero l’elenco delle fonti on line. In caso di citazione o titoli di opere in lingue straniere, queste vanno riportate in originale.
L’indice
Scritti l’introduzione, i capitoli interni, la conclusione, la bibliografia, resta l’indice: si tratta semplicemente di riportare i titoli di capitoli, paragrafi e sottoparagrafi con il relativo numero di pagina.
L’indice è anch’esso un lavoro di rigore, che richiede una certa cura estetica, la cui eleganza funge da biglietto da visita dell’elaborato. Lo si stende alla fine per comodità, quando tutto è stato scritto, corretto e ordinato su pagina, e tuttavia, di solito, è posto all’inizio della tesi. A questo punto la tesi è finita.
Un particolare lo abbiamo tralasciato e lo poniamo qui, in chiusura: si presuppone che la stesura della tesi sia avvenuta sotto l’attenta supervisione del relatore, supervisione che ne garantisce, se non la qualità, almeno l’accettabilità ai fini della promozione in seduta di laurea.
Per questo argomento si consiglia la lettura di “Come si fa una tesi laurea”, Umberto Eco.