Tradurre un grande autore: le prime traduzioni di Kafka in Italia
Per un’ipotetica storia delle traduzioni letterarie in Italia è senz’altro interessante indagare il caso Kafka.
Lo scrittore boemo, infatti, è da considerarsi tra i maggiori della storia della letteratura mondiale. E tuttavia la fama straordinaria che lo accompagna è successiva alla sua morte.
Kafka: la vita e la fama postuma
Franz Kafka è nato a Praga nel 1883 da famiglia ebraica.
Di formazione giuridica, Kafka lavorava in una compagnia di assicurazioni e scriveva nel tempo libero. Il primo impiego fu proprio in Italia, alle Assicurazioni Generali di Trieste, nel 1907.
Attratto dal teatro in lingua yiddish, lo scrittore studiò con passione questa lingua.
Cercò di entrare nell’esercito nella Prima Guerra Mondiale, ma fu rifiutato per problemi di salute. Nel 1917 gli fu diagnosticata la tubercolosi. A causa della malattia, l’anno dopo l’Istituto degli Infortuni dei Lavoratori lo mise in pensione. Da allora fu ricoverato in diversi sanatori.
Morì a 41 anni, nel 1924.
I romanzi di Kafka sono incompleti e lo scrittore bruciò gran parte della sua opera.
L’esecutore letterario fu il suo amico Max Brod (1884-1968), al quale lo scrittore chiese di bruciare l’intera opera in lettere, diari, bozze e manoscritti. Brod, tra il 1925 e il 1935, pubblicò i romanzi e le raccolte. Da qui iniziò la fama postuma di Kafka.
Il primo traduttore di Kafka: Giuseppe Menassé
Il primo traduttore italiano dell’opera di Kafka fu Giuseppe Menassé, un ebreo di origine turca.
Menassé tradusse nel 1928, per la rivista «Il Convegno» (n. 8, 25 agosto), i seguenti quattro racconti: Un fratricidio, Un vecchio foglietto, Davanti alla legge, Il nuovo avvocato.
Nell’articolo introduttivo, Silvio Benco diceva dell’opera di Francesco Kafka che “ogni personaggio che egli introduce in un suo libro, imbocca un labirinto” (citazione da Adriano Sofri, Una variazione di Kafka, Sellerio, 2018).
In seguito Menassé sarebbe diventato giornalista del «Popolo» di Trieste e direttore della rivista letteraria triestina «Il ponte rosso».
Menassé: il traduttore raccomandato
Il percorso che ha portato Menassé alla pubblicazione delle prime traduzioni di Kafka è degno di essere ricordato.
Ricorda Cristina Boccoletti che egli “diventò il primo traduttore in Italia di Kafka attraverso una “raccomandazione” di Montale, sollecitata, non c’è nemmeno da dirlo, da Bobi [Bazlen]” (Boccoletti, Bobi Bazlen. L’ombra di Trieste, La Nave di Teseo, 2017).
Stando a quanto riportato da Adriano Sofri nel succitato Una variazione di Kafka, Roberto Bazlen (1902-1965) consigliava di leggere Kafka già dal 1919.
Possiamo citare due testimonianze circa la raccomandazione di Bazlen a Eugenio Montale (1896-1981) a favore di Menassé.
La prima è una lettera al poeta datata 4 luglio 1926. Qui, elencando una serie di cose di cui gli premeva informare l’amico, Bazlen al punto 5 scriveva:
Un mio amico, milionario, soldato a Torino, comprensivo e complesso, avendo urgente bisogno di soldi, mi chiede “qualche lettera di presentazione per qualche persona che direttamente o indirettamente possa affidargli del lavoro di traduzione, riduzione o altro lavoro manuale di letteratura”. Sa bene il tedesco, scrive un italiano purissimo. Mandami una lettera per la casa editrice del “Baretti”, ev. per altre. Si chiama Giuseppe Menasse.
(Citazione da Bazlen, Scritti. Il capitano di lungo corso. Note senza testo. Lettere editoriali. Lettere a Montale, a cura di Roberto Calasso, Adelphi, 2008, p. 372.)
Pochi giorni dopo, l’8 luglio 1926, Bazlen scriveva ancora a Montale in riferimento alla “lettera di presentazione” precedentemente chiesta al poeta:
Grazie della lettera di presentazione per Menasse. Non so però se lui sarà molto contento della forma, e mandandogliela gli scrivo, che se quella lettera non gli va, scriva direttamente a te con particolari ed eventuali desideri.
(Citazione da ivi, p. 373.)
Da questo dialogo Bazlen-Montale alla pubblicazione sulla rivista «Il Convegno» diretta da Enzo Ferrieri (1890-1969) trascorsero due anni.
Le traduzioni degli anni Trenta e la prima ricezione di Kafka in Italia
Per quanto riguarda la prima ricezione di Kafka in Italia, Bazlen a parte, va ricordato quanto fatto da Lavinia Mazzucchetti (1889-1965), docente di Letteratura tedesca all’Università di Milano e traduttrice.
Prima dell’uscita delle traduzioni di Kafka a opera di Menassé, infatti, Mazzucchetti aveva già scritto dello scrittore boemo. Nel 1927, la traduttrice, nella rivista «I Libri del giorno» (X.1, gennaio 1927, p. 10), pubblicava la prima recensione a Il processo: Kafka e il Novecento. Qui scriveva:
L’originalità e l’acrobatismo insieme del triste poeta stanno appunto nell’avere appoggiato la più salda coerenza logica ed il più raffinato psicologismo dei particolari su una base di inopinata assurdità.
I traduttori di Kafka negli anni Trenta furono i futuri germanisti Alberto Spaini e Rodolfo Paoli: il primo tradusse Il processo nel 1933, il secondo La metamorfosi e Aforismi nel 1934. Nel 1934, Giovanni Necco scrisse un saggio su Kafka: Il problema di Kafka o della simbolomania (in AA.VV., Realismo e idealismo nella moderna letteratura tedesca, Laterza, 1937).
Altri lettori per conoscerne l’opera dovevano ricorrere alle traduzioni in francese.