Italia: Eco-innovare per uscire dalla crisi
Quando si parla di crisi, esportazioni in calo e concorrenza del low-cost straniero la parola magica pronunciata un po’ da tutti è sempre qualità, Dando come per scontato che un qualsiasi prodotto di qualità “Made in Italy” basti a rilanciare un marchio, un Paese.
La verità è che anche quei paesi che un tempo conquistavano i mercati con i loro prodotti a basso prezzo, hanno cominciato a sviluppare servizi e tecnologie all’avanguardia che nulla hanno da invidiare ai nostri.
In una situazione del genere, per avere successo, anche le nostre aziende devono innovare e trasformarsi.
Tuttavia, tale approccio è stato sfortunatamente fin troppo spesso sostituito con quello del cosiddetto “short termism”: una visione strategica limitata che regolarmente porta le aziende a concentrarsi sul profitto a breve termine, a discapito dell’innovazione e di conseguenza della sostenibilità economica del medio e lungo termine.
La posizione dell’Italia
La buona notizia è che il nostro paese sta finalmente cominciando a scalare posizioni nella classifica europea dell’eco-innovazione. Tra le 28 nazioni dell’unione, secondo l’Osservatorio per l’Ecoinnovazione, stiamo rapidamente risalendo la classifica verso i primi posti della green economy.
Cosa s’intende però quando si parla di Eco-innovazione? La risposta più chiara arriva dall’United Nation Environmental Program, anche conosciuto come UNEP. Secondo l’UNEP:
“Eco-innovation is the development and application of a business model, shaped by a new business strategy, which incorporates sustainability throughout all business operations based on life cycle thinking and in cooperation with partners across the value chain. It entails a coordinated set of modifications or novel solutions to products (goods / services), processes, market approach and organizational structure which leads to a company’s enhanced performance and competitiveness.“
Eco-innovazione vuol dire, insomma, inserire la sostenibilità al cuore dei processi decisionali di una azienda, integrandola in tutte le attività aziendali e permettendo la creazione di soluzioni innovative che soddisfino i bisogni del mercato. Da definizione quindi l’eco-innovazione dovrebbe portare ad un miglioramento della performance e della competitività.
I driver della green economy
Nello specifico, sempre l’United Nation Environmental Program, identifica ben 5 motivi (“driver”) per cui le nostre aziende dovrebbero approcciare in maniera innovativa il proprio business:
1: Accesso a mercati nuovi ed emergenti
2: Aumento della profittabilità lungo la catena del valore
3: Posizione d’avanguardia rispetto a nuovi standard e regolamentazioni
4: Attrazione degli investimenti
5: Aumento della produttività e della capacità tecniche
A conferma dei benefici economici dell’eco-innovazione si pensi che mediamente le aziende più virtuose in tal senso crescono ad una media del 15% annuo, in un momento in cui, come ben sappiamo, i rispettivi mercati sono generalmente piatti.
L’Italia, paese in cui le piccole-medie imprese danno lavoro a circa 12 milioni di persone, ha davanti a sé una grande opportunità. Sono proprio le PMI, infatti, ad essere particolarmente sensibili all’eco-innovazione grazie alla loro adattabilità e flessibilità. Istituzioni e imprese devono finalmente imboccare a braccetto un percorso che possa far tornare grande, all’estero e nel nostro paese, il “Made in Italy”.
L’importante è non restare fermi.
Fonti:
[i] http://www.eco-innovation.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=475&Itemid=63