Consigli di scrittura: Anton Čechov
Tanti scrittori, più o meno famosi, nel corso della loro vita hanno dispensato consigli di scrittura. C’è chi lo ha fatto in privato, tramite lettere. C’è poi chi ne ha fatto e ne fa un business, attraverso lezioni di scrittura creativa.
Tra quelli che hanno “insegnato” la scrittura in privato, in forma epistolare, c’è uno dei più grandi scrittori di racconti della storia della letteratura: Anton Čechov (1860-1904).
Chi fu Anton Čechov
Lo scrittore russo Anton Pavlovič Čechov nacque a Taganrog nel 1860 da famiglia umile. Terzo di sei figli, il padre, fervente religioso proprietario di una drogheria, era un uomo violento.
Fallita la drogheria, la famiglia, caduta in miseria, si trasferì a Mosca. Anton rimase nella vecchia casa dove impartiva lezioni private al nipote del nuovo proprietario in cambio di vitto e alloggio.
Si diplomò al ginnasio e ottenne una borsa di studi per la facoltà di medicina, a Mosca. Fu proprio la borsa di studio a risollevare le condizioni precarie della famiglia.
Mentre studiava, Čechov inviava racconti alle riviste. Riuscì a pubblicare il suo primo racconto nel 1880 sul settimanale «La libellula».
Dal 1882 iniziò a collaborare come narratore e giornalista con la rivista satirica di San Pietroburgo «Oskolki».
Nel 1884 raccolse le sue novelle migliori in Fiabe di Melpomene, senza successo. Iniziò a soffrire di tubercolosi.
Ormai, tra la medicina e il giornalismo, guadagnava bene per sé e per la famiglia.
Nel 1885, Čechov conobbe Aleksej Suvorin (1834-1912), editore del più importante quotidiano russo dell’epoca, «Tempo nuovo», che gli propose di collaborare. Fu proprio Suvorin a pubblicargli, nel 1887, la sua terza raccolta di novelle, Nel crepuscolo, che fu finalmente un buon successo di pubblico e di critica.
Da allora Čechov si dedicò più intensamente alla sola scrittura, rinunciando al futuro da medico.
Scrisse racconti e opere teatrali di grande successo. Inoltre scrisse un reportage sulla colonia penale dell’isola di Sachalin.
Nel 1902, ormai in precarie condizioni di salute per la tubercolosi, sposò Ol’ga Knipper. Morì due anni dopo.
La morte di Čechov fu oggetto di un racconto, L’incarico, di uno degli autori a lui più vicini per scrittura, lo statunitense Raymond Carver (1938-1988).
I doveri di uno scrittore
Čechov ha le idee molto chiare sul perché scrivere, sull’etica dello scrittore.
Lo scopo della letteratura è la “verità incondizionata e onesta” (citazione da Čechov, Né per fama né per denaro. Consigli di scrittura e di vita, a cura di Piero Brunello, Beat, 2015, p. 40). La verità è cosa che non può essere edulcorata: il dovere di uno scrittore è andare fino in fondo. Non si deve compiacere il lettore. Non si deve mentire.
Uno scrittore non deve scrivere per sé, non deve scrivere per compiacere sé stesso, deve evitare il soggettivismo.
Uno scrittore non deve giudicare né scrivere di ciò che non sa.
Lo scrittore non deve giudicare all’interno del testo:
“L’artista non dev’essere il giudice dei suoi personaggi né di ciò che essi dicono, ma solamente un testimone spassionato.”
(cit., p. 34.)
Elogio della brevità
Čechov ama la brevità al punto da dire che “è la sorella del talento” (cit.). Suggerisce di accorciare un testo quanto più possibile, di non eccedere, nemmeno sui dettagli che, a suo dire, affaticherebbero il lettore.
Anche il numero dei personaggi non deve essere eccessivo. Vanno evitati i cognomi superflui.
Tutto, secondo Čechov, deve essere necessario e funzionale.
Anche le descrizioni devono essere brevi, ma quanto basta perché il lettore riesca a vedere:
“Nelle descrizioni della natura bisogna attaccarsi ai piccoli particolari e raggrupparli in modo che il lettore, chiudendo gli occhi, veda il quadro davanti a sé.”
(cit., p. 48.)
Creare il quadro non è cosa scontata. Non basta accumulare le immagini, ma è, al contrario, necessario che gli elementi del quadro si armonizzino.
Show, don’t tell
Oggi si usa molto, nelle scuole di scrittura creativa, la formula “show, don’t tell”. Significa “mostra, non raccontare”. Detto in sintesi: lo scrittore non dovrebbe mai o quasi mai spiegare le cose, ma dovrebbe lasciare che siano i fatti a “comunicare”, a far capire cosa accade o com’è un determinato personaggio.
Čechov è stato un anticipatore di questa regola aurea. Scriveva al fratello:
“Meglio di tutto, non descrivere lo stato d’animo dei personaggi e fare in modo che scaturisca dalle loro azioni.”
(cit., p. 50.)
Come gestire i sentimenti
Un problema complesso è la gestione dei sentimenti. Una buona scrittura non è emotiva, non indulge in facili e banali emozioni. La gestione dei sentimenti del lettore esige, da parte del lettore, una certa classe.
Čechov dice che “bisogna esser indifferenti quando si scrivono storie patetiche” (cit., p. 59). Il senso di questo consiglio è che dall’obiettività dello scrittore può conseguire l’emozione, l’“impressione” del lettore. “Inzuccherare” una storia non è produttivo né utile, lo scrittore non deve essere patetico per emozionare. Čechov suggerisce di seguire la direzione opposta: “scrivere più freddamente” (cit., p. 60). Secondo lui, nei casi di alta carica emotiva più freddamente si scrive e più si fa effetto sul lettore.