Riprendiamo la lista delle 10 opere horror imperdibili, dopo averne trattati quattro: Il castello di Otranto, Vathek, I misteri di Udolpho e Il monaco.
“Frankenstein” di Mary Shelley
Abbiamo già trattato in altra sede Mary Shelley (1797-1851), moglie del poeta Percy Bysshe Shelley, per l’opera fantascientifica “L’ultimo uomo” (1826).
Frankenstein, o il moderno Prometeo (1818) è incentrato sulle vicende del dottor Victor Frankenstein, prodigioso conoscitore della filosofia naturale e della medicina. Il dottore di notte si reca ai cimiteri per studiare con acribia i cadaveri. Riesce a creare una creatura mostruosa e potente, la abbandona, la creatura uccide il fratello e gli chiede di realizzare una creatura di sesso femminile, Frankenstein dapprima accetta, poi muta idea. La creatura lo insegue, il dottore riesce a fuggire, torna in Svizzera e sposa l’amata Elizabeth, questa viene uccisa dal mostro, e l’inseguimento si rovescia. Il dottor Frankenstein muore prima di raggiungere la creatura che desidera eliminare, ma lascia l’impresa all’esploratore Robert Walton. La creatura si palesa e piange per la morte del creatore; prima di darsi egli stesso la morte, confessa che la sua malvagità è stata accresciuta dal disgusto di colui che l’ha generato e dal disprezzo degli uomini. Il romanzo fu modificato dall’autrice in una nuova edizione del 1831.
“Il gatto nero” di Edgar Allan Poe
Edgar Allan Poe (1809-1849) visse una vita breve e drammatica. Il padre lasciò la famiglia e la madre morì nel 1811, così Poe fu accolto ma mai adottato formalmente dagli Allan, una famiglia di mercanti. Era dotato di memoria prodigiosa e di passione smisurata per la poesia.
Il suo primo grande amore, Elena Stannard madre di un compagno di studi, morì lasciandolo inconsolabile. Trovò un nuovo amore in Sarah Elmira Loyste, ma questa si sposò mentre egli stentava negli studi di lingue antiche e moderne all’Università della Virginia. Il vizio del gioco fu una delle cause dell’abbandono degli studi; Poe fu impiegato e giornalista, poi si arruolò all’esercito, infine si dedicò esclusivamente alla scrittura. Nel 1835 sposò la cugina tredicenne Virginia Clemm che morì, presumibilmente di tubercolosi, nel 1847. Nel frattempo Poe cedette al vizio dell’alcol. Sopravvisse male alla moglie per soli due anni, morì poco dopo essere stato trovato su una panchina in Baltimora in condizioni penose e mai spiegate.
Tra le tante opere di straordinaria qualità di Poe, che si tratti di poesia, di narrativa o di teatro, vale la pena ricordare qui, dopo scelta difficile, il racconto “Il gatto nero (1843)”.
Si tratta della confessione liberatoria di un omicida. Uomo in principio buono e amante degli animali, passione felicemente condivisa con la moglie, presto peggiorò in carattere fino a maltrattare moglie e animali eccetto uno, un gatto nero di nome Plutone. Un giorno, tornato in casa ubriaco, il gatto lo evitò, per cui l’uomo lo afferrò, ne ricavò un morso e reagì cavando un occhio al suo unico amato animale. Guarito, Plutone rifuggì il padrone finché questi, in una escalation di malvagità, finì per impiccarlo.
Preso un altro gatto, l’uomo fu nuovamente evitato dalla bestia. Tentò allora di ucciderla, la moglie si frappose, uccise la moglie e la murò viva. La polizia ispezionò casa sua senza trovare nulla, ma l’uomo, in un eccesso di sicurezza, diede una bastonata al muro che custodiva il cadavere della moglie. Il miagolio del gatto che aveva murato senza saperlo, lo tradì.
“Carmilla” di Sheridan Le Fanu
Joseph Sheridan Le Fanu (1814-1873), laureatosi in giurisprudenza al Trinity College di Dublino, portò avanti la professione di avvocato e scrisse racconti e romanzi dell’orrore. Prima la morte della sorella e poi quella della moglie acuirono la sua depressione.
Carmilla (1872) è il suo racconto più noto. La ricca fanciulla Laura perde un’amica, morta misteriosamente: è la nipote del generale Spielsdorf.
A distanza di poco tempo una carrozza ha un incidente vicino casa sua; una delle due donne, la giovanissima Carmilla, viene accolta in casa. Da quel giorno, nel villaggio muoiono numerose fanciulle. Giunge il generale Spielsdorf e racconta a Laura e al padre come è morta la nipote: causa è stata una fanciulla, Millarca, che era un vampiro. Quando vede Carmilla, il generale riconosce Millarca. Con l’aiuto di un esperto di vampiri, il barone Vordenburg, Carmilla viene uccisa in una tomba con un paletto nel cuore prima di essere decapitata e bruciata.
Il barone rivela poi le origini della mostruosa fanciulla.
“Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” di Robert Louis Stevenson
Robert Louis Stevenson (1850-1894) deve alla famiglia l’iscrizione alla facoltà d’ingegneria dell’Università di Edimburgo e problemi polmonari ereditari che sempre ne fiaccarono il fisico. Passò alla facoltà di giurisprudenza, abbandonò gli studi, si dedicò completamente alla scrittura di una gran mole di opere saggistiche e narrative (ma si occupò anche di teatro e poesia). Resta un successo imperituro il romanzo L’isola del tesoro (1883).
Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde (1886), ambientato nella fumosa Londra del XIX secolo, tratta delle vicende misteriose i cui protagonisti sono il dottor Henry Jekyll e l’oscuro sodale Edward Hyde. L’avvocato Utterson, amico di Jekyll, ha modo di constatare di persona la crudeltà di Hyde e non si spiega come mai il dottore lo tenga in casa. Dopo una serie di inspiegabili eventi che giungono fino al suicidio del sempre più solitario dottor Jekyll, Utterson scopre la verità. Hyde non è altro che il doppio di Jekyll, una personalità malvagia che emerge dal corpo di Jekyll dopo che questi beve una pozione di sua creazione capace di liberare le inclinazioni negative degli individui. Perso il controllo del suo doppio criminale, Jekyll si è dato la morte da sé.
“Dracula” di Bram Stoker
Cagionevole fino a otto anni, Bram Stoker (1847-1912) guarì miracolosamente. Laureatosi in matematica al Trinity College di Dublino, fu domestico e lavorò nell’amministrazione pubblica prima di legarsi in amicizia, a ventinove anni, con l’attore Henry Irving, facendogli da segretario e dirigendo, in seguito, il Lyceum Theatre di Londra dello stesso. Negli stessi anni accrebbe i guadagni pubblicando romanzi e racconti.
Dracula (1897) può essere considerato uno degli ultimi romanzi gotici. Scritto in forma diaristica ed epistolare, narra la storia del conte Dracula, nobile transilvano che si trasferisce a Londra recando la sua aura demoniaca con sé. Dracula si nutre di sangue, ed è capace di vampirizzare le vittime.
La trama è intricata, tra i personaggi si distingue il professore Abraham Van Helsing che caccia il vampiro fino alla morte, liberatoria per una creatura vittima del suo bisogno inestinguibile di sangue.
L’antecedente più importante di questo romanzo è il racconto “Il vampiro” (1819) di John Polidori, primo a imporre la nota figura del vampiro nel folklore come aristocratico cacciatore di sangue.
“La casa stregata” di H.P. Lovecraft
Howard Phillips Lovecraft (1890-1937), ricoverato il padre per problemi psichici, visse con madre, zie e nonno. Fu proprio quest’ultimo a indirizzarlo alla lettura di opere di letteratura gotica. Dovette abbandonare gli studi a causa di esaurimenti nervosi. Scrisse a ritmi frenetici, si sposò e si separò consensualmente, la sua opera ottenne successo e riconoscimento critico solo dopo la morte.
Il racconto lungo “La casa stregata”, scritto nel 1924 e pubblicato nel 1937, è esemplare nello sviluppo del tema. Vi si narra del tentativo di un giovane di spiegarsi razionalmente i misteri che circolano intorno a una casa ormai abbandonata, casa in cui i proprietari sono morti, e dove continuano ad avvenire fenomeni paranormali.
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